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DELLA

. REALE ACCADEMIA DEI LINCHI

ANNO CCCXVI. 1919

Steù RI DIE INEETÀ:

RENDICONTI

Classe di scienze fisiche, matematiche e naturali.

Sedute del 5 e del 19 gennaio 1949.

Volume XXVIII.° Fascicoli 1°2° SEMESTRE.

966294

ROMA

TIPOGRAFIA DELLA R. ACCADEMIA DEI LINCEI

PROPRIETÀ DEL DOTT. PIO BEFANI

1919

N. 1-2. 0

DS J NI

ESTRATTO DAL REGOLAMENTO INTERNO

PER LE PUBBLICAZIONI ACCADEMICHE

I.

Col 1892 si è iniziata la Serie quinta della pubblicazioni della R. Accademia dei Lincei. Inoltre i Rendiconti della nuova serie formano una pubblicazione distinta per ciascuna delle due Classi. Peri Rendiconti della Classe di scienze fisiche, matematiche e naturali valgono l: norme seguenti:

1. I Rendiconti della Classe di scienze fi- siche, matematiche e naturali si pubblicano re- golarmente due volte al mese; essi contengono le Note ed i titoli delle Memorie presentate da Soci e estranei, nelle due sedute mensili del: l'Accademia. nonchè il bollettino bibliografico.

Dodici fascicoli compongono un volume; due volumi formano un'annata.

2 Le Note presentate da Soci o Corrispon= denti non possono oltrepassare le 9 pagine di stampa. Le Note di estranei presentate da Soci, che ne assumono la responsabilità sono portate a pagine 4 '/s.

3. L'Accademia per queste comunicazioni 50 estratti gratis ai Soci 3 Corrisponden”i, e 30 agli estranei; qualora l’autore ne desideri un numero maggiore, il sovrappiù della spesa è posta a suo carico.

4.I Rendiconti non riproducono le discus» sioni verbali che si fanno nel seno dell’Acca» demia; tuttavia se | Soci, che vi hanno preso parte, desiderano ne sia fatta menzione, essi sono tenuti a consegnare al Segretario, seduta stante, una Nota per iscritto,

«II

I. Le Note che oltrepassino i limiti indi- cati al paragrafo precedente e le Memorie pro- priamente dette, sono senz'altro inserite nei Volumi accademici se provengono da Soci o da Corrispondeiti. Per lo Memorie presentate da estranei, la Presidenza nomina una Com. missione la quale esamina il lavoro e ne rife- risce in una prussima tornata della Classe,

2. La relazione conclude con una delle se- guenti risoluzioni. - a) Con una proposta a stampa della Memoria negli Atti dell Accade- mia o in sunto o in esteso, senza pregiudizio dell'art. 26 dello Statuto. 3) Col desiderio di far conoscere taluni fatti o ragionamenti contenuti nella Memoria. - c) Con un ringra- ziamento all’autore. - d) Colla semplice pro- posta dell'invio della Memoria agli Archivi dell'Accademia.

3. Nei primi tre casi, previsti dall’art. pre- cedente, la relazione è letta in seduta, pubblica nell'ultimo in seduta segreta

4. A chi presenti una Me moria per esame è data ricevuta con lettera, uella quale si avverta che i manoscritti non vengono restituiti agli autori, fuorchè nel caso contemolato dall art. 26 dello Statuto.

5. L Accademia gratis 50 estratti agli au- tori di Memorie, se Soci o Corrispondenti, 30 se estranei, La spesa di un numero di copie in più che foase richiesto, è messo a carico degli

autori.

ATTI

DELLA

REALE ACCADEMIA DEI LINORI

ANNO CCCXVI. 1919

SssBi EVE QUE NERA

RENDICONTI

Classe "di scienze fisiche, matematiche e naturali.

VOLUME XXVIII.

SEMESTRE.

ROMA TIPOGRAFIA DELLA R. ACCADEMIA DEI LINCEI

>ROPRIETÀ DEL DOTT. PIO BEFANI

1919

RENDICONTI

| DELLE SEDUTE DELLA REALE ACCADEMIA DEI LINCEI

Classe di scienze fisiche, matematiche e naturali.

Seduta del 5 gennaio 1919. A. Ròrti, Vicepresidente.

MEMORIE E NOTE DI SOCI 0 PRESENTATE DA SOCI

Meccanica. ds’ einsteiniani in campi newtoniani. VIII. Soluzioni binarie di Weyl. Nota del Socio T. Levi-CIviTA.

In una Memoria pubblicata nell'agosto 1917 (*), il sig. Weyl ebbe la felice idea di prendere in considerazione quella classe di problemi della statica einsteiniana, in cui tutte le incognite si possono far dipendere da due sole coordinate, essendo inoltre soddisfatta una certa condizione di orto- gonalità. Tale classe è particolarmente notevole per la sua generalità, po- tendo (mediante quadrature e operazioni in termini finiti) essere posta in corrispondenza biunivoca cogli ordinarî potenziali simmetrici, di cui costi- tuisce l'analogo einsteiniano.

A questa stessa categoria di soluzioni” ero pervenuto per mio conto alquanto più tardi, come esempio cospicuo di quel tipo generale B,) (ctr. Nota II, $ 6) (?), in cui lo spazio fisico si atteggia a varietà normale del Bianchi (con curvature principali distinte). Avendo in seguito conosciuta, per gentile invio dell'Autore, la ricerca di Weyl e rilevato che egli mi aveva preceduto nell’idea, e, sebbene per via diversa, nei risultati princi- pali, pensavo di non pubblicare il mio studio, o tutt'al più di limitarmi a segnalare un'applicazione elementare meritevole di interesse perchè rispec- Echia il campo dovuto all’attrazione di una retta indefinita. Ma una più

(1) Ann. der Physik, B. 54, pp. 117-145. (*) In questi Rendiconti, vol. XXVII (1° semestre 1918), pp. 8-12,

ANT ga attenta lettura del lavoro di Weyl mi ha mostrato che la sua deduzione è incompleta (cfr. in proposito il $ 5 del presente scritto). Egli tien conto soltanto di tre equazioni, che, in certo senso, sono effettivamente le più importanti, ma non esauriscono il sistema cui si riducono nel caso consi- derato le equazioni della statica einsteiniana. Questo sistema è costituito da cinque equazioni (una delle quali risulta conseguenza differenziale delle altre). Per un singolare compenso il Weyl aggiunge alle sue tre equazioni una condizione qualitativa che rende il grado di arbitrarietà eguale a quello del sistema completo. E il risultato finale è corretto, tranne per quanto concerne una delle incognite (la nostra 4, ivi designata con y).

Stando così le cose, mi permetto di rendere di pubblica ragione il mio procedimento. Riservo ad altra prossima comunicazione una breve illustra- zione geometrica e l'esempio cui sopra accennai.

1. DEFINIZIONE E CARATTERIZZAZIONE INTRINSECA.

Si tratta di assegnare i ds? statici, e quindi del tipo V' di di’,

che convengono ad uno spazio vuoto (tensore energetico nullo) sotto le due ipotesi addizionali seguenti: 1°) i coefficienti dipendono esclusivamente da due sole coordinate, diciamo x,, 2; 2°) il d/° ha forma ortogonale rispetto alla terza coordinata 3. Posto al'solito

(1) Va Ve,

con V, costante di omogeneità e »(%,,:) puro numero, conviene in primo luogo (come apparirà dallo sviluppo successivo del calcolo) assumere il d/? sotto la forma i 1

(2) URIZIORINTAUZ,,

dove il dl"? ottempera ancora alle condizioni imposte al d/?, ed è quindi del tipo (3) dl''= do? +r? dai,

con do elemento lineare binario, ed 7 funzione, @ priori indeterminata, di X1,%a. Circa le dimensioni, è ben chiaro che (in una forma differenziale qua- dratica la quale esprime il quadrato di un elemento lineare) quando le ‘varia- bili indipendenti si risguardano lunghezze, i coefficienti riescono puri numeri. Tale convenzione intenderemo adottata riguardo al do; mentre considere- remo xs come un parametro di dimensioni nulle (per es. un angolo) e dovremo in conformità attribuire ad 7 Ie dimensioni di una lunghezza.

GiAa

DALE

Va notato altresì che le due ipotesi poc'anzi enunciate sotto aspetto formale sono interpretabili intrinsecamente nella metrica definita dal d/*. La prima (indipendenza dei coefficienti da x3) sta ad esprimere che lo spazio ammette un gruppo co! di movimenti rigidi, definito dalla trasfor-

mazione infinitesima ni La seconda equivale all'esistenza di superficie 3 :

(le 43 = cost.) che tagliano ortogonalmente le traiettorie del gruppo (2, = cost. , xy= cost.), ossia alla normalità della congruenza costituita dalle traiettorie del gruppo.

2. FORMA BINARIA DELLE EQUAZIONI DI EINSTEIN.

Le derivate seconde covarianti di una generica funzione V, riferite ad un assegnato d/?, ei simboli di Ricci &x, spettanti ad esso d/*, si sanno riportare ad un d/? in corrispondenza conforme (2) col d/?, e suc- cessivamente, in base alla (3), al do? binario cui si associ la funzione 7 (cfr. $$ 3 e 4 della Nota III).

In primo luogo (dalle formole (5) della detta Nota, scambiando i sim-

boli accentati con quelli non accentati e ponendo 7 = v) si ha Vik , . (4) Vin 1 BV va din AV NANI

dove le derivate covarianti v;, , i coefficienti a, e il parametro A' si rife- riscono al d/'?. ;

Dacchè, in base alla (2), gli elementi reciproci ai coefficienti del d/? valgono e 4/6, si ha, come conseguenza formale delle (4)

b

Dali raniy.

Vv

Siccome una delle equazioni di Einstein può essere posta sotto la forma - A.V=0, così possiamo intanto ritenere acquisito che

(5) Aiv= 0.

E ciò giova a semplificare le espressioni [(18) della Nota IlI, per 7 = v] delle @;x in funzione delle @',, che si scrivono

(6) Qin = ip Vig Vik (2704161299) Prima di fare il secondo passo, cioè il riferimento al do? binario, ri-

cordiamo che le equazioni fondamentali della statica einsteiniana (negli spazî vuoti) sono sette, di cui una può essere rappresentata da A,V=0,

2E134G E ossia dalla (5), ‘e le altre sei si scrivono (7) cant = ((,k=1,2,3).

In base alle (4) e (6), queste assumono l'aspetto

(77) ain + Qvivga dn Av=0 (i, k==1,2,3)-

Badiamo ora alla (3), notando anzi tutto che, se il do? binario ha l'espressione generica 2

Sei Uik dx; day , î

si hanno i coefficienti a, del dl"? = do? + r? dr} e i loro reciproci a’ sotto la forma

,r | din == Uik sd =00, dg =rt: (8) rana) ACHE (saper FER I. |a = aa rale 0a a (@ = 32)

Con ciò, per una funzione qualsiasi indipendente da 4; , risulta A'= A, quindi in particolare (9) Av= AV.

Quanto alle derivate seconde v;,, esse identificano colle corrispon- denti v;x (relative al do?) per 7,XK= 1,2, e si ha complessivamente (for- mule (21) della Nota III, per v indipendente da 3)

(10) Vik A (i 7 k =1 2) Ù Vis = 0 Vis = rV(r , ”) . Ne deduciamo in particolare r =: i 1 (11) ASP, ra = Av + V(1, 9). i I

+ Le espressioni dei simboli di Ricci a; riportate al do? e alla funzione associata 7. sono [Nota III, formule (19)]

(12) aly = E ag Il =

designando K la curvatura gaussiana del do?. Teniamo conto di quanto precede [formule (8)-(12)] nelle equazioni gravitazionali, cioè nella (5) e nelle (7°).

SS a

La prima, in base alla (11), diviene (13) Av+iV(,)=0.

Delle (7) due rimangono identicamente soddisfatte (quelle in cui uno, ed un solo, indice ha il valore 3); una (i=%==8) si riduce a

(14) K=A,

e le rimanenti tre assumono l’aspetto

VACYA Ik

Tik Za 25% —an(

+ar)=0 @,4=1,2, covariante rispetto al do?. Da esse, moltiplicando per a“ e sommando, segue

Axr=0,

con che si può scrivere più semplicemente

(15) LR Lan an Av=0 (e —Re2)h

in queste equazioni seguita naturalmente ad essere implicita come neces- saria conseguenza la A.r=0.

Il sistema da integrare consta pertanto delle cinque equazioni (13), (14), (15), nelle quali figurano come elementi incogniti le funzioni r e v, e la forma binaria do?, che funge da forma fondamentale, essendo ad essa riferiti derivate covarianti e parametri.

Giova ancora prepararsi le espressioni, involgenti unicamente 7,7 e do*, che competono alle @; del 4/? spaziale: ciò col manifesto intendimento di valersene a suo tempo pel calcolo delle curvature principali. Tutto si riduce, in virtù delle equazioni gravitazionali (7), che dànno

Vik

Cir nia

V )

ad introdurre nei secondi membri delle (4) le espressioni (10) delle v{&x, badando altresì alle (8) e (9). Si ottiene

\ ar=— Var Bvivt+ ax Av (0,k=1,2), |

16 0 fanno, enmrifarnlvr.)).

RENATO

ricor

3. FORMA ISOMETRICA DEL de?. ULTERIORE TRASFORMAZIONE DELLE EQUAZIONI GRAVITAZIONALI.

Per l’armonicità di 7 rispetto al do? (A,r = 0), esiste la funzione associata < (determinata a meno di una inessenziale costante additiva), ar- monica anch'essa, indipendente da r (') e dotata delle stesse dimensioni, quindi omogenea ad una lunghezza.

Il do?, espresso per 7 e 2, assume notoriamente la forma isometrica

(17) do? = ed(dr® + de°),

dove 4 è una funzione, a priori incognita, di r e di 2, legata alla curva- tura gaussiana K dalla relazione

(18) E=-A2=-e®(25+$).

dr? De

Più comprensivamente, seguitando per un momento ancora a lasciar generiche le variabili indipendenti, potremo ritenere la (17) sotto la forma

(17) do = e daî

con do, elemento lineare euclideo.

Prima di procedere all'integrazione del sistema (13), (14), (15), si rende opportuna un'ultima trasformazione, che riporti, in tutte le formule, derivate covarianti e parametri al do$ euclideo.

Detti a, i coefficienti di questo do, si ha dalla (17°) ax= e 40; inoltre (invocando qui ancora le formule (5) della Nota III):

(re aio Ta, 4lvo0 o » = ARIAS Ma = si di +7 V°(1,4) dî, 9 he e aa GieCivo)

Vv =eV0, ASCA, Ar=e (8,

dove sono contrassegnati con ° gli elementi che si riferiscono al d0î.

(!) Questa affermazione cadrebbe in difetto soltanto se r fosse costante. Ma si può a priori escludere tale eventualità, badando alle equazioni (15). Infatti, per r costante, queste implicherebbero proporzionalità fra i coefficienti ai, del do? e i prodotti v4va), e quindi l’annullamento del discriminante, il che è da escludere, trattandosi di forma definita positiva. i

arcata

i Of Con ciò, le (13), (14), (15), avendo anche cura di sostituire a K la sua espressione (18), A34= e” A34, assumono l'aspetto È 1 (13') Avere (5) ANSÀ=—A°v, (15) 70, de Pi GR. Th 7 de PETRI ao \ et 1 Vor 4) } PET) r pt Pat lena ee de. r DA (ijk=1,2). 4. PARTICOLARIZZAZIONE DELLE VARIABILI INDIPENDENTI.

INTEGRAZIONE E FORME CaNONICHE.

Finora ci siamo occupati di cambiare la forma fondamentale, in modo che questa è divenuta il doò euclideo. Ma non abbiamo peranco introdotta alcuna specificazione delle variabili indipendenti x,,xs, sicchè le formule precedenti valgono in coordinate qualunque.

Per agevolare l'integrazione, giova però riferirsi a coordinate cartesiane (rispetto al nostro doj = dr? + de°), assumendo x, =7,x,==z. Con tali variabili indipendenti, 9, = «x; le derivate covarianti coincidono con le derivate ordinarie, l'indice 1 significando derivazione parziale rapporto ad e l'indice 2 derivazione parziale rapporto a 2; r1=1,7r23=0,7%=0 (ei 1:2)s eco:

La (13') assume così la forma esplicita:

d°v dv 1 I Ap) dv d°v (20) cai "+ =o, in cui si ravvisa la nota equazione che definisce i potenziali simmetrici dello spazio ordinario in coordinate cilindriche.

Dunque, in primo luogo, l’incognita v(r , 4) è un potenziale simmetrico. Soddisfatta che sia questa condizione, le (15') risultano, come tosto verifi- cheremo, compatibili e atte a individuare Z mediante una quadratura.

Per riconoscerlo, facciamo successivamente coincidere, nelle (15’), la coppia (£, X) con (1,1), (2,2) e (1,2).

Le prime due equazioni riescono coincidenti, sicchè si ricava

(21) A, =r(vî 13) PEA AVV, le quali si compendiano in (21’) di=r(vî 13) dr +2r vv, de.

In virtù della (20), il secondo membro risulta, come si constata immedia-

ReNDICONTI. 1919, Vol. XXVIII, Sem. 2

a) ee

tamente, un differenziale esatto, sicchè le (21) sono compatibili, e la deter- minazione di 4 richiede unicamente una quadratura.

Quanto alla (14') (che si presenta a primo aspetto come una ulteriore condizione imposta alla 4), essa rimane identicamente soddisfatta, purchè vi introducano per 4,,4, le espressioni (21) e, ancora una jvolta, si tenga conto della (20).

Riassumendo, da (2), (3) e (17) ha l'espressione canonica dell’ele- mento lineare di spazio sotto la forma

3 dl = e | eMdr® + da) + dat,

dove v(r,<) è un potenziale simmetrico, cioè una qualunque soluzione della equazione (20), e À rimane individuata, una volta assegnato v, a meno di una costante additiva inessenziale (in quanto si possono far coineidere, con semplice alterazione dell'unità di lunghezza, ossia moltiplicazione di 7 e 4 per una medesima costante, due d/*, i quali differiscono soltanto per la determinazione di 4). S# ha poi dalla (1) V=Vs e, e quindi </ poten- ziale statico

1 1

—V=—- Vie”.

2 DIRI

Dacchè V, è una semplice costante di omogeneità, rimane provato che ad ogni ordinario potenziale simmetrico v corrisponde univocameate un ds? einsteiniano del tipo binario di Weyl.

5. OSSERVAZIONE CRITICA.

Il sig. Weyl, dopo aver impostata la questione con molta eleganza, ne deduce le equazioni differenziali caratteristiche da un principio variazio- nale, perfettamente corretto, ma solo parzialmente applicato. Ed ecco come.

La variazione di un certo integrale

si Ida, dxs

deve essere zero per incrementi arbitrari dei coefficienti 9; del ds* einsteiniano, vincolati soltanto ad annullarsi al contorno del campo di integrazione.

Quando pur si sappia ed è il caso di Weyl che il ds?, a par- tire dal quale la variazione si deve annullare, può essere assunto sotto forma ortogonale (anzi parzialmente isometrica)

fdt }h(def + da) + ldat},

non basta limitarsi a variazioni che conservano quella forma, ma è d’uopo lasciare a priori arbitrarie tutte le dgix. Altrimenti si ottengono condi-

TS Me 7 rd

AS zioni che sono indubbiamente necessarie, ma che in generale non esauriscono il principio variazionale. Tale circostanza si presenta appunto nel detto caso, nel quale Weyl trova tre sole equazioni algebricamente distinte, equiva- lenti alle nostre (11'), (12°), (13’), mentre il procedimento completo ne for- nirebbe cinque.

Le proprietà più importanti (armonicità di 7, carattere di potenziale binario della ») sono già incluse nelle tre equazioni del Weyl e da lui ben messe in luce. Egli enuncia altresì il risultato esatto che ad ogni po- tenziale simmetrico ordinario fa riscontro un ds? einsteiniano univocamente determinato, ma lo desume (pag. 39 della Memoria citata) da una addi- zionale condizione di regolarità in tutto lo spazio, che non è il caso di invocare, trattandosi di rispecchiare più generalmente il punto di vista diffe- renziale, il quale richiede soltanto regolarità locale.

Per il confronto delle formule posso limitarmi a rilevare che, a meno di inessenziali costanti additive, le funzioni w=log]/f e y= log y/h/ di Weyl si identificano rispettivamente colle nostre v e 4, coincidendo le equa- zioni (15) (per gli spazî vuoti) e (16) della Memoria di Weyl con (13') e (14'). Le equazioni omesse da Weyl (per incompleto sfruttamento del principio variazionale) sono in sostanza le (21).

6. ESPRESSIONE DELLE CURVATURE PRINCIPALI.

tit Ò 6 LA Indichiamo con @ il logaritmo di pal, essendo 7, una lunghenza co- 0

stante (arbitraria) che si introduce per ragione di omogeneità. Da

(23) = ef To segue

1 —==iowil®=i1,2) 55 AVA) Vo ecc. Usufruiremo di g per brevità di scrittura, nel riportare al 40% [efr. n. 3] anche le espressioni (14) dei simboli di Ricci @,x spettanti al nostro

dl* spaziale. Eliminando dai secondi membri della (16) le v,;x mediante le (19), si ha immediatamente

ona + vat Brit av 2, 1) (i,5=1,2):

las=0 , ag=r°e>V(v—- 0,9).

(24)

Dacchè il nostro d/? ha la forma ortogonale (22), ossia

e*Asvidop lo pie

Agos

la solita equazione cubica, che determina le curvature principali, ammette intanto il fattore lineare @33 0r°e-®, e quindi la radice

(25) Ci Gr vAI (DEI

A questa prima conclusione poteva arrivare anche osservando che il secondo membro della (22) rientra nel tipo considerato a $ 4 della Nota III, talchè la curvatura principale ©, (quella corrispondente alle giaciture x3= cost.) si identitica colla curvatura gaussiana della forma binaria e do? e*9-8 dog. Ciò porge

wi Lean A°(4 ST che coincide precisamente colla (25), in virtù di (13') e (14').

Le altre due curvature principali èw, e ©, rimangono definite dalla equazione quadratica

Air —_ WA411 Xi2 0 U2

(26)

| >)

Car Wa 22 WA22

Dacchè, come ben si sa. %, + 0, + @3 =0 è conseguenza necessaria delle equazioni gravitazionali, la somma delle radici ©, , ws della equazione (26) vale #3. Quindi, mettendovi in evidenza come incognita 0 + 3 @, dovrà sparire il termine lineare. Ne segue che, ove ponga

Bian = in + 7 03 capre = ik + O aîn V°(v OG)

ossia, badando al primo gruppo delle (24),

(27) Bin = Vir +t vi x +t Vidi IVivy + + dîn V°(3v —_—24— 0) v) la (26) si riduce a (26) B+ e4%- a°. (0 +30; =0,

rappresentando # il determinante #13» fîs e quello delle a, (discri- minante del do$).

Ne risulta, tenendo conto della (25), l’espressione comprensiva delle due curvature ©w,,@s sotto la forma

(28) CEREA i Veio) I = |

Importa rilevare che f deve ritenersi essenzialmente diverso da zero

quindi negativo, affinchè riesca reale VE): Infatti, per 8=0,

coinciderebbero le due curvature w, e ws, e si ricadrebbe nel sottocaso Bs), già esaurito nelle Note precedenti. Si può domandare in modo preciso a

SE

quale categoria di soluzioni B») corrisponde il valore limite 8 =0. Ciò risulta agevolmente dal confronto del d/° [quale risulta dalle (2), (8)] col- l’espressione che gli compete in generale nel caso Bs). Quest'ultima ag- giungo un asterisco per evitare ambiguità col do della presente Nota è e*(do** + dx3), dove do* sta a rappresentare (al pari di do) un elemento lineare binario indipendente da x3, e r=v + È, essendo È funzione della sola «3. Dacchè v ha identico significato nei due casì, perchè vi sia coinci- denza, è intanto necessario che, anche nella B.), esso risulti indipendente da 23. Dal confronto dei due d/? per dx3 = 0 segue allora che È deve ri- dursi ad una costante. Ora, nelle tre categorie di soluzioni B»). ve n'è una e una soltanto quella delle soluzioni quadrantali in cui e-T non di- pende da x3. Concludiamo pertanto che él caso particolare 8 =0 ripor- Pierebbe alle soluzioni quadrantali colla specificazione © = cost., ciò che implica [efr. Nota VI, $ 4] l’annullarsi della costante w.

Chimica vegetale. Sulla influenza di alcune sostanze organiche sullo sviluppo delle piante. Nota III del Socio G. Cra- MICIAN © di C. RAVENNA.

Nella nostra seconda Nota su questo argomento (*) abbiamo messo in rilievo che alcuni composti fondamentali per gli alcaloidi vegetali come la. piridina, la piperidina 6 la xantina, non esercitano un'azione dannosa sulle piantine di fagiuoli, mentre quasi tutti gli alcaloidi naturali sperimentati e segnatamente fra questi la caffeina si mostrano velenosi. Appariva però opportuno di studiare l’azione dei derivati più prossimi di alcuni composti fondamentali e specialmente quelli metilati.

Noi abbiamo esaminato, a tale scopo, il contegno delle piantine di fa- giuoli fatte crescere, come nelle nostre precedenti esperienze, sul cotone idrofilo, con una serie di sostanze opportunamente scelte; quando le pian- tine avevano raggiunto un certo grado di sviluppo venivano innaffiate colle rispettive soluzioni all'uno per mille; le basi furono impiegate allo stato di tartarati o di fosfati e si notò che questi ultimi esercitavano un'azione meno venefica dei primi. Così si può avere una graduazione nell'impiego delle basi tossiche giovandosi anche del fatto osservato l’anno scorso, che, operando in germinatoi di zinco l’azione è mneno intensa che in quelli di vetro.

Per accertare l'influenza dei gruppi metilici abbiamo anzitutto spe- rimentato le tre ammine metilate: la monometil, la dimetil e la trimetil- ammina tanto allo stato di tartarati che di fosfati. L'effetto fu quello pre-

(1) Questi Rendiconti, vol. XXVII, I, pag. 38.

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veduto: mentre i rispettivi sali ammonici non esercitano una speciale azione, le tre ammine si mostrarono venefiche, ma in grado diverso col numero cre- scente di metili per cui la metilammina è la meno tossica e la sua azione meno pronta, mentre la più rapida e nell’effetto la più efficace è la trime- tilammina. Le lesioni si manifestarono col comparire di piccole macchie giallo-brune sulle nervature delle prime foglie e quindi su tutta la superficie delle foglie, che finivano per seccarsi mentre analoghi fenomeni apparivano sulle prime foglie composte.

In relazione con le ammine abbiamo studiato l’effetto dei composti quaternari: i fosfati e i tartarati del tetrametil e tetraetilammonio, (CH:),N.R e (C.H;),N. R. Le due sostanze si mostrarono meno tossiche delle ammine, ma in accordo con la loro speciale struttura e col loro pecu- liare contegno chimico, in modo diverso dalle ammine ora menzionate. Al colore molto più scuro delle foglie e ad un più lento sviluppo rispetto ai testimoni si associò un abito tanto caratteristico da poter servire quasi come mezzo per riconoscere per questa via i composti quaternari. Questo abito era determinato segnatamente dalla inclinazione in basso delle foglie e dalla circostanza che quelle composte avevano uu fusticino così breve che pareva partissero dallo stesso verticello di quelle semplici. Le piantine assumevano in seguito un aspetto coriaceo tanto da assomigliarle quasi alle piante artifi- ciali, e ciò massime se coltivate in germinatoi di vetro, e finivano coll’ap- passire. Coi sali di tetrametilammonio le foglie composte mostravano inoltre alcune striature prodotte da albinismo lungo le nervature principali.

In seguito all’azione fortemente venefica della caffeina o trimetilean- tina, C: HO2N,(CH3):, era da aspettarsi che la feobromina o dimetilaan- tina, C3H,02N,(CH.)s, avesse un effetto più moderato. Così è realmente; le piantine si mantengono più a lungo in vita e le prime foglie non appas- siscono tanto presto come con la caffeina, ma modificano il loro aspetto in modo assai caratteristico: diventano più larghe e spesse di quelle dei testi- moni e presentano un grazioso fenomeno di albinismo diverso peraltro da quello prodotto dalla nicotina. Sulle lamine fogliari appariscono delle scre- ziature gialle che ricordano quelle dell’Aucuba japonica. In seguito, mentre si sviluppano le seconde e le terze foglie composte, le prime foglie semplici ingialliscono e cadono mentre le piantine finiscono coll’appassire.

Dopo questo risultato appariva probabile che anche l'acido metilurico (C5H303N,)CH,, avesse qualche azione venefica sulle piantine di fagioli in confronto all'acido urico che, come avevamo trovato l’anno scorso, non ne possiede alcuna. Le prove di confronto eseguite coi rispettivi sali potassici, confermarono la supposizione. L'acido monometilurico sembrava da principio, fino allo sviluppo delle seconde foglie composte, senza peculiare effetto; ma in seguito comparvero sulle prime foglie semplici delle chiazze più chiare che presentavano una certa rassomiglianza con quelle delle piante trattate

NT giga colla teobromina; il fenomeno si estese poi anche alle seconde foglie e le piantine andarono deperendo fino all'appassimento.

In seguito a queste esperienze ci parve opportuno esaminare il contegno di alcuni derivati naturali ed artificiali della piperidina ed in proposito abbiamo studiato l’azione della N-metilpiperidina, del tartarato di dimetil- piperidilammonio, della conina o «-propilpiperidina, della acetilpiperidina e infine della piperina (piperilpiperidina). La piperidina, C:H,0NH, in con- fronto colla piridina, si mostrò questa volta non del tutto indifferente, ma le piantine, con qualche lieve sofferenza, arrivarono a completo sviluppo; tutti i suaccennati derivati si mostrarono invece più o meno decisamente tossici. L'N-mettlpiperidina, Cs H,NCH; esplicò la sua azione specialmente sulle radici per cui le piantine andarono rapidamente deperendo. Il tarta- rato di dimetilpiperidilammonio determinò da principio un aspetto delle piantine che ricordava quello caratteristico già menzionato degli ammoni quaternari ed anche in questo caso le piantine finirono coll’appassire. La conina, C Hs(C3H-)NH, produsse delle macchie sulle foglie che ne determi- narono presto il disseccamento. Anche l’acete/piperidina, C:HroN.C:H30, si mostrò velenosa; le foglie cominciarono ad appassire ai bordi, poi su tutta la lamina ingiallendo rapidamente, all'infuori di una piccola zona centrale. Si sarebbe potuto supporre che il grosso radicale dell’acido piperinico, CH,0,— GHj,—CH=CHT—CH=CH— C00H, non dovesse determinare un'azione tossica se associato, alla piperidina, ma invece non è così. e la piperina, C5HioN .CO.C,,Hs0,, sebbene da principio non determinasse nessun fatto anormale, finì col produrre la morte delle piante sia coll’ap- passimento delle foglie ed in seguito il ripiegamento degli steli.

Passando ad altri alcaloidi naturali, abbiamo voluto comparare l’azione della morfina, CinHi:N0O(0H), con quella della co deina, CH H,;N0(0H)(0CH3), o metilmorfina; la comparazione in questo caso era interessante perchè si trattava di vedere se anche l’eterificazione di un ossidrile col metile avesse per effetto un'esaltazione delle proprietà tossiche dell’alcaloide ‘contrariamente a quanto finora dai più si credeva. Così è di fatto. Come avevamo osser- vato l’anno scorso, la morfina in germinatoio di zinco non determina feno- meni tossici rimarchevoli; soltanto rimarchevole ed anzi quasi caratteristico è il color verde, assai cupo, che assumono le foglie. La codeina invece, oltre al color cupo, produsse un rallentamento di sviluppo e poi numerose macchie di color ruggine sulle foglie che determinarono infine l’appassi- mento delle piantine. Abbiamo sperimentato anche la diacetilmorfina (eroina), CirHi:N0(0C.H30):; da principio questa sostanza sembrava indifferente; ma più avanti le piantine cominciarono a deperire rapidamente coll’ ingialli- mento delle foglie,

Ci sembrò poi interessante anche la comparazione della chiniza, CieHx,0N,(0CHs), con la cinconzna, C:9H230N,, sebbene in questo caso la

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differenza di costituzione fosse non di un metile soltanto, ma di un ossi- metile; non pertanto la cinconina mostrò meno venefiea della chinina pro- ducendo presso a poco gli stessi fenomeni soltanto in grado meno accentuato.

Estendendo anche ad altri alcaloidi le nostre prove per acquistare espe- rienza maggiore, abbiamo comparato l'azione dell'azropira, C°XH 4NO. C$Hs0,, con quella della cocaina, CsH13N(0.C,H50)(CO0CH;), che hanno il nucleo fondamentale piperidinpirrolidinico in comune, ma con diverse aggiunte: nel primo caso un ossidrile eterificato dall’acido tropico; nel secondo dall’acido benzoico con un'appendice carbossimetilica. Le prove di confronto hanno di- mostrato che entrambi questi alcaloidi hanno un'azione venefica, ma quella della cocaina è assai più pronta ed intensa di quella della atropina. Con quest'ultima le piantine da principio si svilupparono normalmente con un leggero ritardo e solo dopo una diecina di giorni, in germinatoio zincato, apparvero delle piccole verruche giallo-rossastre sulle foglie semplici che in seguito andarono aumentando, ma senza che le piantine avessero troppo a soffrire; soltanto più tardi, quando le seconde foglie erano sviluppate, com- parvero sulle prime foglie semplici delle chiazze che determinarono un ra- pido deperimento delle piantine; alcune peraltro riuscirono a fiorire.

La cocaina invece produsse già dopo cinque giorni la comparsa di macchie brune caratteristiche e delle punteggiature giallo-rossastre sulle prime foglie semplici che andavano cadendo; prima che si potessero sviluppare le prime foglie composte le piantine perirono. Questa notevole differenza nella tossi- cità dei due alcaloidi è probabilmente da attribuirsi non già alla presenza del radicale dell'acido benzoico in luogo di quello dell'acido tropico, nella cocaina, bensì a quella del gruppo carbossimetilico.

Quale seguito allo studio della morfina abbiamo sperimentato anche la papaverina e la narcotina, quali alcaloidi isochinolinici, per vedere se la loro azione fosse diversa da quella della morfina come lo è la loro costitu- zione: realmente le due basi sono assai più tossiche della morfina e as- somigliano nei loro effetti; le piantine non risentono subito l'azione del veleno, ma poi incomincia un progressivo deperimento determinato dall'ap- passire delle foglie. i

È velenosa pure la sparteina, C,3HsgN», la cui costituzione non è ancora del tutto accertata, ma che sembra essere un derivato complesso della pipe- ridina. Essa produsse oltre al colore più cupo delle foglie, tante volte osser- vato, delle macchie brunastre sulla lamina delle medesime, che rapidamente si andarono seccando.

Infine abbiamo ripetuto le esperienze dello scorso anno colla micolina e la stricnina. Abbiamo potuto confermare che la seconda produce, all'inizio del trattamento, un maggior sviluppo delle piantine rispetto ai testimoni, ma poi l'accrescimento si arresta e le piantine periscono.

Colla nicotina all’l1 per mille si ebbero i fenomeni già descritti l’anno scorso, cioè il disseccamento delle prime foglie semplici e il caratteristico

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albinismo di quelle composte; peraltro osserrammo quest'anno che se si impiegano soluzioni più diluite, cioè all’1 per diecimila, non si ha nessun effetto. Siccome la nicotina nel tabacco è accompagnata, come noi trovammo('), dalla isoamilammina, (CH3)»:CH.CHs.CH2NH», così credemmo opportuno studiarne l'azione sulle piantine di fagioli. Contro la nostra aspettativa, la base si mostrò venefica determinando la caduta delle foglie semplici ed un albinismo delle prime foglie composte, che ricorda quello prodotto dalla nicotina; le piantine appassirono troppo rapidamente e l’esperienza, fatta col tartarato in germinatoi di vetro, va ripresa impiegando il fosfato in germinatoi di zinco , comparando inoltre l'azione dell’isoamilammina con quella dell’amilammina normale.

Dopo questi concordi risultati che attestano tutti la influenza dei metili sull’azione tossica delle sostanze fin qui sperimentate, ci parve utile esa- minare il contegno di qualche composto aromatico anche se estraneo al regno vegetale. Così abbiamo impiegato l'anzlina, C6H;NH,, l’acetanilide, CH;NH.COCH;, e la metilacetanilide (esalgina), C$H5NCH3z.COCH3; tutte e tre le sostanze si mostrarono venefiche, ma l’acetanilide più del- l’anilina e la esalgina più delle altre due. Le lesioni prodotte si manifesta- rono con delle chiazze gialle sulle foglie, che condussero all'appassimento delle piantine.

Anche comparando l’azione della pirocasechina, CsH,(0H)s, con quella del guazacolo, CH ,OH.OCH;, si potè confermare la regola, sebbene anche la prima sia venefica e manifesti la sua azione sulle radici per cui i fusti piegano; malgrado ciò, le piantine mettendo le radici secondarie riusci- rono a mantenersi in vita tanto da sviluppare le seconde foglie composte. Col guaiacolo invece la sofferenza si mostrò maggiore e le foglie, assumendo una colorazione più cupa, incominciarono ad appassire ai bordi e lo sviluppo arrestò già all'inizio delle prime foglie composte.

Era pure nostra intenzione di comparare l’effetto dell’724o0/o con quello dell'a-metilindolo, ma per la insufficiente solubilità di quest’ultimo la prova riuscì incerta. L'indolo peraltro è velenoso e la sua azione che ricorda quella dell'eugenolo osservata l’anno scorso, si manifesta sui fusti che tosto si ripiegano e conducono all’appassimento delle piantine.

Inoltre abbiamo voluto vedere se il metile anche quando eterifica il gruppo carbossilico negli acidi manifestasse qualche azione ed in proposito abbiamo fatto una prova parallela col sa/icilato potassico, CsH,(0H)(COOK) ed il salicilato di metile, C:H,(O0H)(CO0O.CH;). Col primo non si ebbe alcun fenomeno anormale all'infuori di qualche ritardo di sviluppo; le pian- tine fiorirono ed anzi qualche seme potè maturare. Il salicilato di metile parve pure da principio senza effetto, ma a vegetazione inoltrata le piantine

(4) Questi Rendiconti, vol. XX, I, pag. 614 (1911). RenDICONTI. 1919, Vol. XXVIII, Sem. 9

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seccarono con ingiallimento delle foglie. L'azione del salicilato di metile sarebbe stata probabilmente più efficace se la sua solubilità fosse maggiore e però converrà riprendere questi studî impiegando eteri composti più so- lubili.

Fuori di programma stanno, per così dire, le prove che abbiamo fatto con alcune sostanze della serie urica e cianica; la comparazione degli effetti prodotti da queste sostanze poteva interessare da un altro punto di vista. Abbiamo esaminato la resistenza delle piantine di fagioli rispetto all'urea, CO(NH.),, ed alla guanidina, CNH(NH»),, alla cianamide, CN.NH,, ed al cianato potassico, CN .0K, che rispettivamente si corrispondono e finalmente al cianuro potassico, CNK. Il risultato è stato questo: che la cianamide si mostrò la più velenosa fra le tre prime sostanze; venne poi la guanidina, mentre che coll’urea si ebbe uno sviluppo straordinariamente rigoglioso. Il cianato ed il cianuro, entrambi anch'essi venefici, determinarono uno svi- luppo assai ritardato. È rimarchevole la differenza fra l’azione dell’urea e quella della guanidina dovuta, come apparirebbe, alla sostituzione dell’im- mino all'ossigeno; ciò che starebbe in accordo colla forte tossicità della ciana- mide che può essere considerata, nella sua forma tautomera, come la car- bodiimide: i

Dalle esperienze descritte risulta dunque che la nostra supposizione espressa in seguito alle prove fatte l’anno scorso con la xantina e la tri- metilxantina (caffeina), riguardo alla probabile influenza dei metili è stata largamente e pienamente